giovedì 6 dicembre 2007


C'è poco. molto poco da dire, riguardo tutti gli avvenimenti successi in questi giorni. forse ci sarebbe molto da dire, ma in realtà le parole non si trovano. io non le trovo. perchè probabilmente mi rendo conto che molte volte sono inutili.
Mio nonno è morto in 3 giorni. o forse è stato un lento e sofferente progredire della sua malattia.
venerdì mattina lo ha colpito un ictus. il giorno dopo è entrato in coma. l'ho visto lucido per l'ultima volta venerdì sera. avevo i capelli sciolti, con tutti i miei ricci che giocavano e danzavano sulle mie spalle, e lui mentre gli prendevo la mano, mi ha accarezzato il viso e ha giocherellato con qualche mio boccolo. questa scena non la dimenticherò mai. e non perchè sia stato l'ultimo momento in cui gli potevo parlare e lui mi poteva capire e sentire, ma perchè il gesto, in sè, mi ha fatto comprendere quanto mi ha voluto bene. e quanto gliene ho voluto io.
se n'è andato di domenica. ero sicura che non se ne sarebbe mai andato il giorno del compleanno di mio padre. ha tenuto duro, ha lottato finchè ha potuto. e io ero là. l'ho visto esalare il suo ultimo respiro. con gli occhi sbarrati, tendendo le braccia verso mia nonna e mia zia. io non ho urlato. ho pianto, e ho soffocato. avrei voluto tanto dirgli No non mi lasciare, ho un mucchio di altre cose da dirti, tantissimi disegni e stampe e tele da mostrarti. ma era ovvio. non potevo fermarlo.
molte certezze sono venute a galla. su alcune di esse ho riflettuto a lungo.
Stavolta, ho detto addio. ho salutato. sono stata vicino a mio nonno. quindi, stavolta, non avrò altro rancore che mi mangerà il fegato. e mi sarà quindi più facile superare tutto e aiutare moltissimo mio padre, mia zia, mia nonna soprattutto.
E' stata la prima volta che ho vissuto la morte di un parente, in maniera diretta. tutto ciò, credo che mi rafforzerà.
comincio a prendere in considerazione l'idea di tornare a riflettere sui miei sensi di colpa,e ogni giorno in cui ci penso con lucidità e raziocinio, capisco che qualcosa non quadra, qualcosa sussiste, di anomalo.
mi sto accorgendo che in effetti il mio cuore nn l'ho mai aperto abbastanza. e aprirlo non significa farsi ascoltare e sfogarsi con gli altri. aprirlo significa riuscire a dare, non solo a ricevere. significa stare a sentire un amico che ti dice di essere spaventato perchè è cosciente che fra pochi giorni farà un "salto nel buio". significa ascoltare mia madre, che mi chiede come sto, ma invece la domanda è come se la rivolgesse verso se stessa.
in breve, continuo a ricascarci. continuo a pensare e a parlare di me stessa, e quando si risolvono i miei problemi, quelli degli altri scivolano rapidamente in secondo piano. neanche mi accorgo, neanche mi rendo conto di quanto posso essere megalomane. Alberto non avrebbe voluto che fossi così, lui non lo è mai stato. ha sempre pensato a me, ovunque si trovasse. me lo sono detta mille miliardi di volte, e me lo dico pure stavolta: è ora di crescere, su questa questione. è ora di finirla con le puttanate. è ora di girare attorno ai sensi di colpa, quando è ovvio che il problema sta da un'altra parte.
l'unica domanda che mi pongo in questo istante è: che cosa ci faccio, a 21 anni suonati, a cadere ancora su questi ragionamenti? com è possibile che siano passati 8 anni e la rabbia in corpo è sempre lì, pronta a eruttare, per poi colarmi addosso e solidificarsi e aumentare?
un vulcano. ecco. beh, è ora che questo vulcano la smetta e vada a farsi il suo bel riposo eterno.
perchè sono stufa, sono stanca di farmi così male, e di farlo agli altri, a quelli che mi stanno accanto.
suona scontato, si. lo so. ma lo scrivo comunque. è ora di ritornare a vivere.
e ringrazio veramente tantissimo quelli che fanno tanti sforzi continuando a tentare di farmelo entrare in zucca.
Grazie Kaa, grazie Polly, grazie Daniele, grazie Alessandro,grazie Anna, grazie Emanuele, grazie a tutti quelli che mi sono stati particolarmente vicino in questi giorni non facili.
Buona notte...
Lavinia